La magia nell’antico Egitto

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La tradizione magica risale a tempi antichissimi.

Non è certo la Grecia a custodirne i segreti originari ovvero quelli più lontani nel tempo.

Per rintracciare una tradizione già consolidata di sapienza magica dobbiamo risalire all’antico Egitto.

Dobbiamo dire che sulle rive del Nilo non esisteva nulla di simile alle religioni rivelate.

In quei luoghi e tra quelle popolazioni i testi di riferimento erano costituiti da raccolte di incantesimi e formule magiche.

Così accadeva nelle pratiche funerarie regolate da precisi rituali che dovevano garantire al defunto un viaggio felice e un felice soggiorno nella realtà che l’attendeva dopo la morte.

Nella religione egiziana i sacerdoti maghi si appellavano al potere della parola e recitando misteriose formule magiche si proponevano di consentire alla divinità la più ampia possibilità di operare richiamandola sulla terra e più precisamente nelle statue.

Di conseguenza tali statue diventarono non una semplice rappresentazione della divinità ma una dimora in cui la divinità raffigurata abitava e poteva agire.

Pertanto nella religione egiziana gli dei non erano entità irraggiungibili.

Al contrario essi erano raggiungibili se si conosceva il loro nome segreto nascosto sotto la coltre dei loro molti appellativi.

I sacerdoti maghi che conoscevano il nome segreto delle divinità possedevano un immenso potere magico che permetteva loro di far agire le divinità secondo il proprio volere.

Chi sapeva investirsi di tale potere sulla dignità e di conseguenza sull’ordinato svolgimento delle realtà umane e cosmiche era senza dubbio considerato nell’antico Egitto un sacerdote-mago.

Dobbiamo dire che nell’antico Egitto alla base delle azioni del mago vi era l’idea radicata di una vera e propria “simpatia” cosmica.

Per dirla in altro modo in Egitto era considerato mago colui che volendo interagire con le forze cosmiche di natura divina non si sottometteva a quelle forze ma cercava in qualche modo di controllarle.

In una società intensamente magica quale era quella dell’antico Egitto il dialogo con le forze invisibili magiche nonché con le divinità era frequente appannaggio tanto dei sacerdoti-maghi quanto della gente comune.

Nella religione egiziana Osiride e la sua sposa Iside rappresentavano la garanzia di una salvezza sempre possibile per qualunque individuo credente.

Del mondo egiziano ogni essere umano si riteneva dotato di elementi vagamente spirituali quali “il doppio “ “l’anima” “lo spirito” “la personalità” i quali tutti consentivano di rapportarsi al divino in senso augurale tanto per il singolo individuo quanto per l’intero cosmo di affrontare con minor paura la morte momento essenziale della religione magica dell’antico Egitto.

I testi sacri della religione egizia cui ancora oggi è possibile fare riferimento (i Testi delle Piramidi quelli del Sarcofago e del Libro dei Morti) sono tutti più o meno strettamente collegati con i riti funerari con il tema della morte.

Sono libri magici ricchi di incantesimi e formule di parole segrete cui spesso si attribuivano incredibili potenzialità.

A titolo di esempio citeremo le formule magiche racchiuse nel Libro della Saggezza di Thot.

Tali formule dovevano consentire di incantare il cielo, la terra, l’aldilà, i monti e i mari.

Ma se il libro di Thot con le sue misteriose e potentissime formule magiche rivestivano una grandissima importanza nella religione magico egiziana nulla hanno da invidiargli i molti papiri magici giunti fino a noi.

Essi sono autentici manuali di magia costituiti da materiali diversi tra i quali prevalgono le formule incantatorie.

In tali papiri magici si legge di scribi che pronunciavano formule sacre, di maghi che riuscivano a leggere lettere sigillate senza aprirle: di sogni e di presagi di sventura o di fortuna nonché di magie trasformatrici vendicatrici ma anche propiziatrici e difensive.

Per fare un esempio gli antichi egizi erano soliti rivolgersi alle divinità per chiedere la salvezza di una persona morente.

Ma ogni morte evitata ne comportava una sostitutiva quasi una, legge di compensazione e di equilibrio per evitare ogni inopportuna rottura dell’ordine cosmico.

D’altro canto fin dai suoi inizi immemorabili la magia è sempre stata fondata su una sapienza capace di assicurare pratiche operative trasformatrici in sintonia con il fragilissimo equilibrio che tiene insieme tutte le cose dell’universo fisico e psichico, materiale e spirituale.

Per le popolazioni situate nella valle del Nilo la magia era “heka “e la parola indica l’energia attiva dell’universo donata agli uomini dalla divinità per ristabilire gli scompensi e gli squilibri provocati dalle forze del male.

Poiché le malattie indicavano una rottura dell’equilibrio organico la magia era anche medicina e il mago era anche medico.

Nell’antico Egitto i sacerdoti maghi per mezzo delle pratiche magiche ottenevano l’aiuto divino là dove le sole forze dell’uomo risultavano insufficienti.

Inoltre per mezzo della magia tali sacerdoti maghi giungevano anche a conoscenze altrimenti impossibili da ottenere relative al passato al presente e al futuro.

Ovviamo dire che l’Egitto pullulava di ricorrenze specifiche magico religiose feste rituali e città sacre nonché di spazi e tempi più di altri adatti al culto magico.

Pertanto la civiltà egiziana era una civiltà impregnata di spiritualità magico-esoterica.

Dobbiamo precisare che al centro della religione magica egiziana si trovava per molti aspetti il tema della morte.

Più precisamente vi era la ferma convinzione che la vita continuasse dopo la morte.

Pertanto gli antichi egizi erano sicuri che vi era un altro mondo aldilà di quello dei vivi con cui era possibile entrare in diretta comunicazione.

Tale mondo dei morti era un mondo altro dunque non diversamente da quello delle divinità che venivano come abbiamo detto in precedenza chiamate a essere presenti in casi di particolare necessità.

Per fare un esempio concreto si chiamava in causa il mondo delle divinità quando si voleva conservare in vita una persona già quasi alle soglie della morte.

In tal caso i sacerdoti maghi egiziani utilizzavano delle statuette raffiguranti una determinata divinità.

Tali statuette agivano per una propria virtù magica sebbene alimentata da formule e pratiche rituali magiche.

Dobbiamo dire che alcune invocazioni magiche utilizzate dai sacerdoti egiziani appaiono oggi assai curiose.

Tali invocazioni prescrivono come utilizzare materiali oggetti parole allo scopo di convincere una divinità riottosa a farsi viva di persona.

Spesso tali invocazioni alle divinità si concludevano con formule del tipo:” ti prego di manifestarsi a me qui stanotte, di parlare con me e darmi risposta veritiera sulla tal cosa intorno alla quale ti ho interrogato”.

Ma a tale categorica ingiunzione alla divinità si accompagnavano da parte della persona che la invocava riti e devozioni particolari.

Per fare un esempio concreto la stanza in cui si chiedeva la presenza della divinità doveva essere buia, pulita, aperta verso sud e purificata con acqua di natrom.

Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che l’antica sapienza magica e egiziana era uno degli elementi caratterizzanti la natura profonda di quel popolo.

Nell’antico Egitto infatti la magia appariva strettamente legata a una forma di religione essa stessa magica.

Di conseguenza dobbiamo sottolineare che nel mondo dell’antico Egitto esisteva una sostanziale identità sia pure in una indispensabile diversità tra filosofia, sapienza, religione e magia.

Prof. Giovanni Pellegrino

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