Primo “Cotoletta di un milanese”
Pier è un uomo di città. E ha un solo amore: Sandra.
Pier cammina di fretta.
La vicina lo ha chiamato.
Pier apre il portone e percorre una, due, tre volte la stessa rampa, ogni volta con porte diverse.
Batte i gradini di corsa.
Le chiavi gli inciampano sulla soglia.
Ansima di piacere tutto il condominio intanto.
All’ingresso Pier calcia una scarpa da uomo. Sparse ci sono mutande rosse e una camicia bianca pende dalla maniglia. Si sente ridere. Poi un letto, parolacce, e sospiri.
Pier Luigi si lancia sulla porta.
Il cane, ha in bocca il telecomando di nuovo.
Il porno in TV. Acceso.
Fanculo Sandra, dice al cane.
Secondo “Cus cus di arabo”
Il resto è già scritto.
Che giornata di sole. Pensa Abdul.
Ieri lo hanno promosso Chef e oggi c’è il sole.
La moglie Jasmine è all’ospedale e in grembo ha un bimbo che attende solo Abdul per uscire. E anche lei lo aspetta. Ansiosa. Ha paura.
Abdul sta attraversando la piazza quando lo chiamano.
Tra poco Jasmine allatta il piccolo Rakib per la prima volta.
Ecco le nuvole.
La moglie ha una fitta improvvisa e si ritrova in rianimazione.
Abdul poco prima, colmo di felicità ha gridato “Allah è grande!”.
La gente in piazza è andata nel panico.
I poliziotti hanno sparato.
Dessert “Farfalle operaie”
Un pazzo mi chiama e mi blocca per strada.
Ti conosco, dice.
Poi iniste. Ero un drago dei fili d’erba con occhi arancioni e neri sulle ali e sono fuggito. Come te.
Lavoro in un formicaio ora. E anche io rivoglio le mie ali.
Dice a me.
Farfalla operaia. Tieni duro! Dice.
Che ali di carta e seta, e flotte di piccioni urbani e Guttalax sono pronte per la rivolta. Per la lotta alle regine e pisciargli nel miele, liberare le api, libere.
E tu. Dice osservandomi con occhi da ali. Sbattendoli certo di quel che dice.
Tu, sei dei nostri senza saperlo. Senza volerlo. Sulla schiena, quel che resta delle ali brama la libertà, ancora. Non ti saresti girata, ne fermata, quando ho chiamato Farfalla.
Farfalla Operaia!
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