Un elefante selvatico si automedica fumando carbone

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Questo elefante selvatico fuma carbone. Il video di un pachiderma che emette nuvole di fumo in una foresta indiana è diventato virale: dietro allo strano – ma non del tutto nuovo – comportamento c’è forse una forma di automedicazione.

Capita talvolta di imbattersi in video di animali che fumano – in genere primati ospiti di uno zoo, che riutilizzano i mozziconi abbandonati da umani maleducati. Ma le boccate di fumo di un altro animale suscitano maggiori interrogativi: un gruppo di biologi ha di recente filmato una femmina di elefante asiatico (Elephas maximus) intenta a fumare pezzi di carbone nel bel mezzo di una foresta indiana.

Il pachiderma è stato trovato dagli scienziati del Wildlife Conservation Society’s India Program mentre controllavano le telecamere nascoste all’interno del Nagarahole National Park and Tiger Reserve, nello stato indiano del Karnataka. Nel video si vede l’elefante raccogliere pezzi di carbone di legna ancora fumante, riempirsene la bocca ed esalare boccate di fumo.

CERCATO DI PROPOSITO. In molte foreste indiane, le guardie forestali utilizzano piccoli incendi controllati per creare sentieri che aiutino ad arginare i roghi. Questa tecnica lascia dietro di sé pezzi di carbone sparsi a terra, che forse il pachiderma non ha raccolto per caso. Per gli autori della scoperta, l’elefante potrebbe aver usato il carbone come “farmaco”, sfruttandone l’abilità di legarsi alle tossine e l’effetto lassativo.

«La femmina sembrava raccogliere pezzi dal suolo, soffiar via la cenere accumulata su di essi e consumare il resto», spiega Varun Goswami, biologo della Wildlife Conservation Society. Del resto, il carbone di legna si può formare anche in luoghi non raggiunti dall’uomo, per esempio vicino ad alberi colpiti da un fulmine.

Gli scimpanzé hanno imparato ad apprezzare le doti curative di alcune piante e le sfruttano regolarmente. Vedi anche: le più curiose forme di automedicazione tra primati. | ANUP SHAH/NATURE PICTURE LIBRARY/CONTRASTO
Gli scimpanzé hanno imparato ad apprezzare le doti curative di alcune piante e le sfruttano regolarmente. Vedi anche: le più curiose forme di automedicazione tra primati. | ANUP SHAH/NATURE PICTURE LIBRARY/CONTRASTO

MANGIA (E FUMA) CHE TI PASSA. L’automedicazione animale – detta zoofarmacognosia – può raggiungere esempi anche molto sofisticati: il còlobo rosso di Zanzibar (Piliocolobus kirkii), un primate endemico dell’arcipelago africano, è stato osservato mangiare carbone per controbilanciare alcune sostanze tossiche presenti nella sua dieta. Alcuni bonobo del Congo ingeriscono foglie ruvide per intero, nel tentativo di rimuovere i parassiti dall’apparato digerente. Altri primati mangiano argilla per annientare i batteri, mentre gli elefanti africani in Kenya utilizzano alcune foglie per velocizzare il parto.

Non è chiaro se si tratti di comportamenti appresi o derivanti da una conoscenza ancestrale della “chimica” del territorio. Questa seconda ipotesi è vera senz’altro per alcuni passeriformi messicani, che hanno imparato a sfruttare le proprietà da insetticida della nicotina contenuta nei mozziconi di sigaretta abbandonati: usandoli per tappezzare il nido, tengono lontani i parassiti.
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