Startup Italiane sempre più impegnate nell’economia circolare

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Economia circolare, se da una mela marcia può nascere una scarpa. L’Atlante dell’economia circolare da due anni seleziona startup e imprese medio-piccole che portano avanti idee innovative per la salute del pianeta. Esempi di sostenibilità intelligente e antispreco. E così le cipolle diventano vernici naturali, gli scarti degli agrumi servono per la produzione di vestiti e di carta di alta qualità.

Nell’economia circolare una mela può diventare una scarpa, e poi trasformarsi in un parco giochi. Non è esattamente una fiaba, o, se lo è, si tratta di una favola moderna, resa possibile dalla tecnologia applicata alla sostenibiliEconomia circolare, se da una mela marcia può nascere una scarpatà. È il caso di Womsh, azienda di Vigonza (Veneto) che produce scarpe da ginnastica ricavando un nylon dal PET riciclato dalle bottiglie di plastica, che usa per la tomaia, e un’ecopelle ricavata dagli scarti di mela, detta “appleskin”, per il resto della calzatura. Ma la circolarità non finisce qui: le scarpe prodotte da Womsh, una volta arrivate a fine vita, non vanno gettate nei rifiuti: le ritira un’altra azienda – Eso, di Opera (Milano) – per riciclarle in un granulato di gomma che poi viene usato nel fondo dei parchi giochi, così da ammortizzare le cadute dei bambini.

La sostenibilità intelligente

È solo uno degli esempi di sostenibilità intelligente che si possono trovare sull’Atlante dell’Economia Circolare (economiacircolare.com), portale attivo che da due anni continua a selezionare ed evidenziare sulla sua mappa del Belpaese le startup e imprese medio-piccole che portano avanti idee innovative per la salute del pianeta.

«Una delle realtà più recenti che abbiamo mappato è “Packtin”, spinoff dell’Università di Modena e Reggio Emilia: riconvertono gli scarti della filiera agroalimentare in imballaggi», spiega Alessandra De Santis, coordinatrice dell’Atlante. «Da bucce e torsoli di mela ricavano polimeri naturali: una bioplastica doppiamente ecologica: riduce lo spreco alimentare e può essere poi compostata come rifiuto organico invece di andare all’inceneritore».

I percorsi virtuosi

L’atlante mostra con chiarezza il radicamento territoriale di molte realtà dell’economia circolare. Sia perché laddove esistono distretti industriali, e quindi concentrazione dei vari attori della filiera, è più facile innescare percorsi virtuosi nel riciclo degli scarti di un’azienda in “materia prima seconda” utile ad altre aziende del posto. Sia perché l’Atlante ha anche assunto col tempo una funzione tutta pratica. «Il nostro progetto è nato per rivolgersi al consumatore e tenerlo informato sulla cultura e le opportunità dell’economia circolare. Ma poi abbiamo ricevuto, e riceviamo, molte chiamate da imprese che chiedono di entrare in contatto con altre imprese “circolari”. E alla fine una delle funzioni fondamentali che abbiamo svolto in questi due anni è proprio il “fare rete”: molte filiere di economia circolare si sono costruite proprio grazie all’atlante», spiega Laura Greco, sociologa cofondatrice di Cdca (Centro Documentazione Conflitti Ambientali) e membro del comitato scientifico dell’Atlante. «Quest’anno rinforzeremo l’aspetto rivolto al consumatore con un nuovo progetto per accrescere la sensibilità sull’importanza degli stili di vita».

Le pratiche del riciclo

Un valore aggiunto delle informazioni geolocalizzate fornite dall’Atlante è lo stimolo alle pratiche di riciclo per risolvere problemi di natura tutta locale. Ad esempio uno spinoff dell’Università di Salerno, “Naturalmente colore”, trasforma gli scarti della lavorazione della cipolla DOP che si produce in quell’area per realizzare vernici naturali e non tossiche per l’edilizia. Mentre una startup di Catania, Orange Fiber, aiuta ad alleviare il problema della sovrabbondanza di scarti della trasformazione agrumicola siciliana usando le fibre del “pastazzo”, sottoprodotto della lavorazione degli agrumi, per realizzare (con il Politecnico di Milano, un filato utile a produrre vestiti.

Il primato del tessile

«Il tessile è il primo settore nel nostro campione di 250 aziende incluse nell’Atlante dell’Economia Circolare. Al secondo posto il settore dei mobili e complementi d’arredo, e al terzo posto la gestione di rifiuti e materie prime seconde», spiega Laura Greco. «Il fatto che l’abbigliamento sia il settore che vede più imprese “circolari” ci fa pensare – e auspicare – che il “made in Italy” stia in qualche modo cercando di reinventarsi in un’ottica più sostenibile». Succede anche, in parte, per un’altra delle nostre industrie storiche, quella della carta: «Il pastazzo d’agrumi, insieme agli scarti della lavorazione del kiwi, delle ciliegie e delle noci, è utilizzato anche dalla cartiera storica Favini di Rossano Veneto: lo trasformano in carta di alta qualità che viene usata anche dalle aziende del lusso per le loro confezioni», spiega De Santis.

La crusca diventa carta

«Per capire come l’economia circolare non sia affatto slegata dall’industria più tradizionale basta pensare a una partnership nata qualche anno fa: Barilla invia a Favini la crusca avanzata dalla macinatura del grano, e Favini la trasforma in carta per gli imballaggi dei prodotti Barilla». L’economia circolare può intervenire anche per alleviare i problemi legati alla sua mancata applicazione, come la grande quantità di rifiuti solidi prodotti ogni anno nel mondo: 1,6 miliardi di tonnellate. Infatti, una startup milanese riportata nell’Atlante, Grycle, ha brevettato un macchinario che riesce a riconoscere e separare, all’interno dell’indifferenziato triturato, quei granuli di materia prima secondaria che possono essere riutilizzati.

Avanzi popolo

Un sistema di machine learning impara progressivamente a riconoscere nuovi materiali man mano che li smista, riducendo così la quantità di rifiuti da mandare in discarica o all’inceneritore. Quando lo spreco è di tipo alimentare, l’economia circolare sa come intervenire in modo benefico non solo per l’ambiente, ma anche – più direttamente – per le fasce più deboli della società. È il caso di “Avanzi popolo”: «E una piccola cooperativa pugliese che attraverso volontari – anch’essi “ecosostenibili” perché si muovono di preferenza su pattini e biciclette – recupera l’invenduto dai negozi di alimentari di Bari e lo cede alla Caritas perché venga distribuito alle famiglie in difficoltà» spiega Laura Greco.

I prodotti in scadenza

Una strategia simile è quella di EquoEvento. «È una onlus che recupera da eventi come feste, matrimoni, cene di gala cibo già cucinato e ancora intatto e lo distribuisce alle mense dei poveri», spiega De Santis. «Proprio nei giorni scorsi, per rispondere all’emergenza Covid19, EquoEvento ha anticipato il lancio di una nuova piattaforma online, YouFeed.gives, dove supermercati e negozi possono mettere a disposizione dei box con prodotti in scadenza, e le famiglie in difficoltà possono individuare su una mappa il punto più vicino dove andare a ritirare questi pacchi di alimentari».

Il valore sociale dell’Atlante è anche un altro: quello di fungere da stimolo “green” per le imprese tradizionali e per le istituzioni.

Un aiuto dall’Atlante

«Le imprese che vogliono trovare chi realizza un prodotto utilizzando materiali di recupero e riciclo, ad esempio le banche che desiderano offrire un gadget ecosostenibile ai clienti, hanno nell’Atlante un utile strumento da consultare», spiega Silvano Falocco, economista ambientale, direttore della fondazione Ecosistemi e membro del comitato scientifico dell’Atlante. «E anche la pubblica amministrazione: il Green Public Procurement entrato in vigore nel codice degli appalti impone a comuni, province, regioni e imprese pubbliche di acquistare tenendo conto dei criteri ambientali minimi definiti dal Ministero dell’Ambiente. In realtà alla fine solo un appaltatore su 5 ha seguito questa strada. L’atlante però può venire in aiuto, perché rende più facili ai decisori pubblici le analisi preliminari su chi produce – e dove – un certo bene con caratteristiche di circolarità e sostenibilità». L’Atlante non abbatte solo lo spreco, insomma, ma anche le scuse.

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