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Sta salendo il lago di magma sotto i Campi Flegrei

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A Pozzuoli, nella caldera del vulcano più grande e pericoloso d’Europa. Il suo nucleo incandescente sale e il suolo si è sollevato di 25 centimetri. Il livello di allerta è cresciuto ma l’allarme è moderato. E vince il fatalismo.

“Avanti, c’è posto. Potete parcheggiare il camper là sulla sinistra”. Da sotto il magma risale, ma sopra la stagione è già iniziata per il camping “Vulcano Solfatara”. Siamo a Pozzuoli, nel cuore della caldera del supervulcano dei Campi Flegrei, il più grande e pericoloso d’Europa, un indice di esplosività di sette su una scala di otto, un’eruzione – quella di 39mila anni fa – che spedì la sua cenere fino in Groenlandia e (secondo una ricerca del 2010) contribuì all’estinzione dei Neanderthal.

I segni di irrequietezza non sono così gravi da far prevedere un’eruzione imminente, ma l’allarme esiste, per quel lago di magma che sta risalendo e che sembra aver formato un bacino sotterraneo di 3-4 chilometri di diametro a 3 chilometri di profondità. La Protezione Civile nel 2012 ha innalzato il livello di allerta da verde a giallo (attenzione). “Certo che avvertiamo i nostri clienti” dice Ugo Pisano, responsabile del camping. “Qualcuno si preoccupa se sente dei boati di notte. Ma poi finiamo per scherzarci su. Non erutterà mica oggi? E ridiamo”.

La video-simulazione dell’eruzione dei Campi Flegrei

L’allarme però resta moderato, e probabilmente ha ragione Ugo Pisano a prenderla con fatalismo: “In duemila anni non è successo niente, perché proprio adesso?”. In realtà l’ultima eruzione (modesta) risale al 1538: quella del Monte Nuovo. E anche il lago di magma di oggi potrebbe dar luogo a un fenomeno di intensità bassa. Ma nel caso in cui i Campi Flegrei decidano di risvegliarsi, c’è qualcuno che sappia cosa fare, in quello che è probabilmente l’unico esempio al mondo di vulcano attivo che sorge in una proprietà privata? “La solfatara appartiene alla stessa famiglia dal 1860” conferma Pisano, riferendosi a quella che veniva considerata la dimora del dio Vulcano. “I piani di evacuazione? Esisteranno, certo. Se io li conosco? No, ma penso che si tratti di fuggire”.
Un fuggi fuggi da case e scuole (sotto al nubifragio) fu la soluzione che gli abitanti di Pozzuoli scelsero il 7 ottobre del 2015, quando la zona fu colpita da uno sciame sismico definito comunque leggero. Il lago d’Averno (la mitologica porta dell’Ade), una settimana fa si è poi tinto di rosso. Si trattava di alghe, ma il primo pensiero è corso al risveglio del vulcano. A complicare il lavoro di chi elabora i piani di evacuazione ci sono poi la densità abitativa (mezzo milione di persone vivono nella caldera), il traffico e un discreto numero di cittadini armati. “Ma la percezione delle persone sta cambiando” spiega Bianco. “Fino a pochi anni fa l’unico pericolo sentito a Napoli e dintorni era il Vesuvio: il vulcano che si vede. I Campi Flegrei sono piatti, non hanno l’aspetto minaccioso. Oggi ci si sta rendendo conto di quanto invece siano potenzialmente pericolosi”.

Infografica a cura di R. Trinchieri
Infografica a cura di R. Trinchieri

Monitorare i sommovimenti del gigante è attività cui Ingv e Cnr si dedicano giorno e notte. L’Irea usa i satelliti Cosmo-SkyMed dell’Agenzia Spaziale Italiana e della Difesa, quelli del programma europeo Copernicus e il giapponese Alos-2. L’Osservatorio Vesuviano analizza anche i più piccoli tremori e le fumarole. “I tecnici vengono sempre, ormai sono amici” racconta Pisano. Peccato che anche la sede dei due istituti scientifici, nella zona ovest di Napoli, si trovi in mezzo alla zona rossa della caldera. “In caso di eruzione i nostri strumenti andrebbero persi” spiega Bianco. “Per questo da pochi giorni abbiamo completato la duplicazione di alcune attrezzature alla Protezione Civile di Napoli”. Ma c’è qualcuno in grado di dare l’allarme, in caso di risveglio? “Sapere quando avverrà un’eruzione non è facile” spiega Bianco. “I Flegrei sono come un’enorme spugna piena di magma e fluidi. Fra la nostra incapacità di prevedere i terremoti e la nostra capacità di prevedere il meteo di domani, i vulcani sono a metà strada, un po’ spostati verso le difficoltà dei terremoti. Ma più la lista delle anomalie si popola, più l’incertezza si riduce”.

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