Dal lievito di birra modificato i cannabinoidi low cost. Ottenuti nei laboratori dell’università di Berkeley con i geni della Cannabis. “I composti ottenuti, come il CBD e il THC, sono di alta qualità e hanno un costo basso”.
Ottenuti i primi cannabinoidi low-cost: le cellule del lievito di birra sono state trasformate in fabbriche in grado di produrre i componenti fondamentali della marijuana, accanto ad altri che non sono presenti nelle piante. Il risultato, basato sulle tecniche dell biologia sintetica, è stato possibile inserendo nel Dna del lievito i geni della Cannabis e di batteri. Pubblicata sulla rivista Nature, la ricerca si deve al gruppo di Jay Keasling, dell’università della California a Berkeley.
“I composti ottenuti, come il CBD e il THC, sono di alta qualità e hanno un costo basso”, ha rilevato Keasling. “È un modo più sicuro e più rispettoso dell’ambiente – ha aggiunto – per produrre cannabinoidi”. Questi ultimi sono ormai utilizzati a livello terapeutico in molti Paesi, compresa l’Italia, ma ottenerli in modo naturale è complesso e costoso perché questi composti vengono prodotti dalla pianta in piccole quantità e difficili da estrarre. La coltivazione in campo aperto richiede inoltre grandi quantità di acqua e fertilizzanti e quella in serra è molto costosa perché richiede molta energia per luce e ventilazione.
Dopo una lunga ricerca, il gruppo di Keasling è riuscito a utilizzare i lieviti per ottenere cannabinoidi a basso costo inserendo 12 geni nel Dna del lievito di birra, il Saccharomyces cerevisiae. Dei geni introdotti, alcuni provengono da quattro batteri e altri sono quelli che permettono alla pianta Cannabis di produrre i cannabinoidi. Tutti i geni producono enzimi che costringono il lievito a ‘cambiare le sue abitudini’, inducendolo a utilizzare lo zucchero per ottenere i cannabinoidi, anziché l’alcol come questo microrganismo fa normalmente durante la fermentazione.
“In pratica si induce il lievito a trasformare lo zucchero nel precursore dei cannabinoidi, dal quale si ricavano i composti THC e CBD”, ha spiegato il chimico Stefano Materazzi, dell’università La Sapienza di Roma. I ricercatori hanno ottenuto anche nuovi cannabinoidi non presenti nella pianta stessa. Dal precursore infatti, ha aggiunto l’esperto, “si possono ottenere anche altre sostanze. Adesso sarà interessate capire se quelle nuove ottenute dai ricercatori hanno effetti nuovi e produrle per via sintetica offre la possibilità di studiarle”.
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