L’energia da idrogeno per la decarbonizzazione

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La scommessa dell’idrogeno per un’energia sostenibile. Un potenziale di 270 miliardi di metri cubi di prodotti green può far risparmiare a famiglie e imprese europee 217 miliardi annui.

È un sogno che parte da lontano se già, nel 1875, Jules Verne, dalle pagine del suo romanzo «L’isola misteriosa», soffermandosi sul possibile uso dell’acqua come combustibile, attribuiva all’idrogeno la capacità di offrire «simultaneamente o isolatamente» con l’ossigeno «una sorgente di calore e di luce inesauribili e di un’intensità che il carbon fossile non può dare». E ora, a distanza di 144 anni, un simile scenario non è più così improbabile perché per l’idrogeno, afferma l’Agenzia internazionale per l’energia in un report intitolato «The future of hydrogen: seizing today’s opportunities» e presentato, a giugno, al G20 energia e ambiente di Osaka, sembra arrivato il momento della svolta.

Nel documento, l’Agenzia spiega infatti che l’idrogeno può essere un «driver chiave verso la sostenibilità» e che non vi è mai stato un momento tanto opportuno per sfruttare il potenziale di questo gas, incolore e inodore, nella costruzione di un mix energetico sicuro, pulito e sostenibile per tutti i consumatori. Merito, secondo l’Aie, del forte supporto che governi e aziende stanno accordando all’idrogeno prodotto da fonti non fossili.

Uno snodo cruciale

In natura, l’idrogeno non è presente in forma libera, ma può essere generato attraverso un’ampia di processi chimici e fisici. Attualmente si ricava principalmente per usi industriali a partire dal gas naturale ricorrendo a un processo di conversione termochimica che produce anidride carbonica (il cosiddetto “idrogeno grigio”). A questa modalità, però, si affiancano altre due strade: la tecnologia di cattura e stoccaggio della C02 per ottenere idrogeno decarbonizzato (o idrogeno “blu”) e l’elettrolisi dell’acqua che consente di ottenere “idrogeno verde” utilizzando l’energia elettrica per “scomporre” l’acqua in idrogeno e ossigeno senza produzione di Co2. A oggi, si produce in questo modo solo il 4-5% dell’idrogeno globale, ma il calo dei costi dell’energia solare ed eolica unitamente a quelli di un elettrolizzatore fanno intravvedere un futuro in cui l’idrogeno potrà diventare uno snodo cruciale per la transizione energetica. Non solo, suggerisce l’Aie, perché potrebbe usato efficamente per l’immagazzinamento dell’energia prodotta da rinnovabili (storage), ma anche per l’apporto che garantirebbe nella decarbonizzazione di diversi settori fondamentali per l’economia globale come il trasporto pesante o la siderurgia.

L’iniziativa dell’Europa

Un contributo importante, dunque, su cui l’Europa ha scelto di scommettere lanciando non più tardi di un anno fa la Hydrogen Initiative, firmata anche dall’Italia, che impegna gli Stati aderenti a continuare la ricerca e gli investimenti nella produzione e nell’uso dell’idrogeno, e avviando, più di recente, una vera e propria consultazione sull’“European Partnership for Clean Hydrogen” che punta a mettere insieme conoscenze e risorse, tecnologiche e finanziarie, sia pubbliche che private, per contribuire a un settore dell’idrogeno “pulito” nel Vecchio Continente.

Secondo uno studio commissionato alla società di consulenza Navigant dal consorzio Gas for climate (che raggruppa le sette principali aziende europee di trasporto gas), un potenziale stimato di gas “green”, prevalentemente idrogeno e biometano, di 270 miliardi di metri cubi da immettere nelle infrastrutture esistenti, potrà aiutare l’Europa a eliminare le emissioni di Co2 nel 2050, risparmiando 217 miliardi di euro l’anno di costi per i consumatori finali (famiglie e imprese). E, dicono gli esperti di Navigant, larga parte del gas rinnovabile in Europa sarà inizialmente costituita dall’idrogeno “blu” – prodotto, come detto, da gas naturale tramite la cattura e lo stoccaggio del carbonio -, che sarà via via rimpiazzato, a partire dal 2050, dall’idrogeno “verde”, generato attraverso eolico e solare.

Il potenziale italiano

E l’Italia? La risposta arriva da uno studio Snam-Mckinsey, che la spa dei gasdotti ha presentato la scorsa settimana in occasione della Conferenza “The Hydrogen Challenge – 2019 Global ESG”: l’idrogeno potrebbe arrivare a fornire fino al 23% della domanda nazionale di energia entro il 2050, in uno scenario di decarbonizzazione al 95% (necessario per centrare il target di contenimento del riscaldamento globale entro 1,5 gradi). Un “peso” superiore alla quota attuale complessiva di energia elettrica (20% nel 2018), considerando sia fonti rinnovabili che fossili. Senza contare che, chiarisce lo studio, i costi dell’idrogeno “verde”, data la forte presenza di rinnovabili nella penisola, potranno essere competitivi già entro il 2030, in anticipo rispetto ad altri mercati europei.

Il maggior potenziale di utilizzo riguarderà il settore dei trasporti (camion, bus e treni), quello residenziale (riscaldamento) e alcune applicazioni industriali (per esempio, la raffinazione e i processi che richiedono elevate temperature), dove ora viene utilizzato l’idrogeno “grigio”. Più nel dettaglio, il trasporto pesante su lunga distanza sarà uno dei primi segmenti in cui l’idrogeno potrà essere sostenibile economicamente: la previsione è che raggiunga la parità di costo totale – calcolato come somma dell’investimento iniziale e dei costi di mantenimento – con il diesel entro il 2030 anche senza l’applicazione di incentivi di sistema.

Quanto al riscaldamento domestico, si potrebbe arrivare nel breve medio-termine a immettere nella rete di distribuzione una miscela di idrogeno e gas (fino a una quota del 10-20%). Ma l’idrogeno, chiarisce ancora il report, è destinato altresì a supportare la diffusione su larga scala delle rinnovabili nella rete elettrica in quanto potrà essere usato, tra l’altro, come valida opzione per lo stoccaggio stagionale.

Lo studio ipotizza anche che l’Italia possa importare idrogeno dal Nord Africa a un costo inferiore del 14% rispetto alla produzione domestica. Come? Potrebbero essere disposti dei pannelli solari nell’Africa settentrionale per poi importare idrogeno in Sicilia attraverso i tubi esistenti e per incentivare anche le esportazioni in altri paesi europei, trasformando la penisola in un vero e proprio “hub”.

La sfida della transizione energetica e della decarbonizzazione

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