Le lucertole rigenerano la coda quando la perdono

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Le lucertole rigenerano la coda quando la perdono
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Il paradosso della coda delle lucertole. Lucertole e gechi abbandonano la coda se sono minacciati, ma di solito se la tengono stretta: come decidono quando staccarla?

Nessun animale si lascia volentieri indietro un pezzo di sé, ma quando tocca decidere tra la vita e la morte, meglio abbandonare una coda che rimetterci la pelle. Le lucertole sono maestre in questa capacità di staccare parti del corpo (autotomia): la loro coda continua ad agitarsi anche dopo la “cesura”, confondendo i predatori e lasciandole libere di fuggire. Molte possono poi rigenerare l’appendice perduta.

Come questo taglio possa avvenire così facilmente nelle situazioni di pericolo rimane un mistero. O, per vedere la questione dal verso opposto: che cosa tiene la coda delle lucertole così ben attaccata al resto del corpo, in tutte le altre circostanze?

L'automutilazione di un geco. Shutterstock
L’automutilazione di un geco. Shutterstock

Un difficile equilibrio. Yong-Ak Song, un ingegnere biomeccanico della New York University Abu Dhabi, lo chiama “il paradosso della coda”. Quella delle lucertole e di altri piccoli rettili, come i gechi, deve essere in grado di staccarsi rapidamente, a comando, e allo stesso tempo di non essere persa per strada nelle situazioni in cui avere una coda può essere utile – per esempio per fare manovra, o impressionare le partner.

Per capire come le due cose siano possibili in uno stesso animale Song ha interpellato, o meglio infastidito alcuni assidui frequentatori del suo campus universitario – diversi esemplari di due specie di gechi e di una lucertola del deserto (Acanthodactylus schmidti). Prima di riportare i rettili all’aperto, gli scienziati hanno tirato le loro code con le dita, obbligandoli all’autotomia, filmando il tutto con videocamere ad alta velocità, capaci di catturare 3.000 fotogrammi al secondo (video qui sotto).

Fibre appoggiate. A questo punto gli scienziati hanno esaminato coda e zona amputata al microscopio elettronico. Precedenti ricerche avevano evidenziato che nell’area della frattura i muscoli della coda assumono una conformazione “a presa e a spina”, con alcune protuberanze innestate in altrettante cavità, e che quelle protuberanze sono a loro volta composte da tanti micropilastri. Questa volta il team ha analizzato più nel dettaglio l’interno delle cavità (le “prese”): ci si aspettava di trovare delle scanalature in cui le spine potessero inserirsi, per creare un perfetto incastro. Invece è emersa una superficie prevalentemente liscia, come se le protuberanze muscolari sfiorassero appena le cavità opposte.

Il segreto? il vuoto. I micropilastri erano inoltre cosparsi di nanopori, spazi vuoti che sarebbero la chiave per tenere la coda attaccata al corpo. Queste intercapedini assorbono infatti l’energia della trazione e mantengono le appendici intatte anche in situazioni di forte deformazione elastica. L’intuizione è stata confermata studiando modelli di coda di lucertole realizzati in vetro e abbinati a cerotti in silicone, con o senza nanopori. Le finte code con nanopori in silicone erano più flessibili, e difficilmente si rompevano nel momento sbagliato.

Se la piego, si spezza. Come fanno allora le lucertole a perdere la coda a piacimento? Dalle simulazioni si è capito che era 17 volte più probabile che le code si spezzassero quando venivano piegate, rispetto a quando venivano tirate. I video in slow-motion hanno confermato che le lucertole impaurite giravano la coda, cambiandone l’angolazione, quando volevano perderla per sfuggire dalle grinfie dei ricercatori.

Paradosso risolto. La ricerca, pubblicata su Science, potrebbe servire a migliorare il modo di attaccare le protesi o a perfezionare la capacità adesiva di cerotti e innesti cutanei; si potrebbero anche inventare robot in grado di perdere pezzi a comando pur di “sopravvivere”. Ma il suo valore è soprattutto scientifico: è semplicemente interessante capire quali strategie le lucertole mettono in atto per sfuggire ai predatori.

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