Le alge ogm, dal superfood ai biocarburanti

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Il nostro futuro con le alghe ogm. Nuovi test su microalghe geneticamente modificate per diventare alimenti, mangime, plastiche, farmaci, biocarburanti.

«Se vogliamo mantenere il nostro tenore di vita anche in futuro abbiamo bisogno di cibo ed energia sostenibile, e di produrli senza intaccare l’ambiente»: a sostenerlo è Jonathan Shurin (università della California), che, insieme ai colleghi, ha sviluppato, testato e coltivato con successo alghe ingegnerizzate che potrebbero avere molteplici utilizzi immediati: dai mangimi per animali ai biocarburanti e all’alimentazione umana. Ulteriori sviluppi potrebbero portare alla produzione di materiali ecologici e, dagli olii, persino di poliuretani.

PRIMO, NON NUOCERE. Quello di non fare danni è l’imperativo che ha guidato la ricerca: Shurin e colleghi hanno vagliato tutti i possibili effetti collaterali per l’ambiente prodotti dalla loro creazione. «Dobbiamo agire in fretta, se vogliamo fermare il degrado del pianeta», afferma Stephen Mayfield, direttore del Center for Algae Biotechnology dell’università della California e coautore dello studio, «ma dobbiamo essere sicuri dell’ecocompatibilità delle nostre alghe prima di avviare una produzione su larga scala.»

Test di coltivazione all'aperto di microalghe Acutodesmus dimorphus ingegnerizzate. | UC SAN DIEGO
Test di coltivazione all’aperto di microalghe Acutodesmus dimorphus ingegnerizzate. | UC SAN DIEGO
Per questo i ricercatori, sotto la supervisione dell’agenzia Usa per la protezione dell’ambiente (USEPA), hanno monitorato per 50 giorni la crescita e lo sviluppo delle alghe in campo aperto. Le Acutodesmus dimorphus a cui sono stati modificati i geni per la biosintesi degli acidi grassi e per favorire l’espressione della proteina fluorescente verde, coltivate insieme a altre specie non ingegnerizzate, hanno mantenuto i caratteri modificati in laboratorio e non hanno avuto impatto sulle altre specie. «I progressi compiuti in laboratorio hanno scarso valore se poi non è possibile riprodurre il fenotipo in un ambiente naturale», ha sottolineato Shawn Szyjka, autore principale dello studio e ricercatore della Sapphire Energy, azienda americana che ha promosso lo studio.

I risultati dei test sulla stabilità e sul rischio ecologico sono stati pubblicati su Algal Research (sommario, in inglese). I risultati fin qui ottenuti sono incoraggianti, ma la sperimentazione non termina qui: è adesso necessario valutare eventuali problemi collaterali su periodi di tempo più lunghi, al variare delle stagioni e in presenza di differenti fattori ambientali. La strada percorsa, tuttavia, sembra promettente.

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