L’ultimo immortale. Non un asteroide, non una supernova e nemmeno un lampo di raggi gamma potrebbe stravolgere il pianeta Terra a tal punto da sterminare la specie più forte che la selezione naturale abbia mai prodotto: il tardigrado. La vita nell’universo è inarrestabile?
Christopher Lambert fatti da parte, sono arrivati i tardigradi. I veri Highlander dei nostri tempi (per chi ricorda il film culto degli anni Ottanta). I minuscoli organismi a otto zampe e non più grossi di mezzo centimetro, un phylum di invertebrati protostomi celomati che comprende poco più di un migliaio di specie animali finora classificate, sono in grado di sopravvivere fino a 30 anni senza cibo né acqua, sopportano temperature estreme prossime ai 150 gradi Celsius, sopportano la pressione del più profondo dei mari e resistono anche nel freddo vuoto spaziale. È la specie più dura a morire del pianeta Terra e resterà aggrappata alla vita fino allo spegnimento del Sole.
Lo dice un nuovo studio della Oxford University, appena pubblicato su Scientific Reports. Le piccole creature, secondo la ricerca, continueranno a popolare il nostro pianeta anche in seguito alla scomparsa dell’uomo. Se anche la Terra fosse colpita dalla peggiore delle catastrofi che un astrofisico è in grado di immaginare, i tardigradi resterebbero saldamente aggrappati alla vita. Non un asteroide, non una supernova e nemmeno un lampo di raggi gamma potrebbe stravolgere il pianeta Terra a tal punto da sterminare la specie più forte che la selezione naturale abbia mai prodotto.
Insomma, se la letteratura scientifica e fantascientifica ci ha abituati a immaginare un mondo post-apocalittico, i tardigradi sembrano suggerire un ulteriore spunto di riflessione. La vita nell’universo potrebbe essere qualcosa di inarrestabile: finché il Sole continuerà a brillare nel sistema planetario di cui facciamo parte, la vita non abbandonerà la Terra. Una volta emersa, la vita è sorprendentemente resiliente e dura a morire; una constatazione che apre alla possibilità di vita su altri pianeti.
Non esiste dunque un evento catastrofico tanto potente da fare ribollire gli oceani del mondo e cancellare definitivamente la speranza di vita per gli organismi che abitano la superficie terrestre?
Cominciamo con gli asteroidi: sono appena una dozzina quelli in grado di devastare la Terra, corpi celesti con una massa sufficiente a far evaporare tutta la massa oceanica durante l’impatto. Ma le orbite di grandi oggetti come Vesta o il pianeta nano Plutone non intersecano in nessun modo il percorso della Terra. I tardigradi possono dormire sogni tranquilli.
Il pianeta potrebbe però essere devastato dall’esplosione di una vicina stella. Ma per fare danni consistenti la supernova dovrebbe trovarsi a una distanza di 0,14 anni luce da qui, mentre il sistema stellare più vicino al Sole si trova a 4 anni luce.
Per quanto riguarda i lampi gamma la faccenda si fa anche più complicata. I gamma ray burst sono fenomeni che avvengono troppo lontani dalla Terra per essere considerati una minaccia vera e propria. L’esplosione cosmica dovrebbe avvenire a non più di 40 anni luce da qui, ed è altamente improbabile che un evento del genere possa mai avere luogo.
«Senza la tecnologia a proteggerlo, l’uomo resta una specie molto sensibile ai cambiamenti ambientali», spiega Rafael Alves Batista, fisico della Oxford University e fra gli autori dello studio pubblicato su Scientific Reports. «Ci sono organismi decisamente più “robusti” sulla Terra. E la vita su questo pianeta può continuare a prolificare anche ben dopo di noi. I tardigradi sono molto vicini a quello che potremmo definire immortalità. Ma potrebbe anche darsi che, altrove nell’universo, esistano anche altre specie parimenti o più resistenti di un tardigrado. Su Marte? In altri luoghi del Sistema solare? Se i tardigradi sono così straordinari, chissà cosa ci aspetta là fuori».
Per saperne di più:
- Leggi su Scientific Reports l’articolo “The Resilience of Life to Astrophysical Events“, di David Sloan, Rafael Alves Batista e Abraham Loeb
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