

Maistrello è anche responsabile scientifica del Psr (Programma sviluppo rurale) della Regione Emilia Romagna contro la cimice asiatica. “È davvero tremenda”, sintetizza. “È capace di volare per 2,5/5 chilometri al giorno e attacca ogni frutto. Abbiamo accertato che una femmina riesce a deporre in media 285 uova all’anno, e dopo le madri, nella stessa stagione, depongono le figlie. Fermarle è difficilissimo. Trovi le cimici, prepari il trattamento, ne ammazzi una parte e le altre cambiano “banchetto”. Il trattamento non dura in eterno, il giorno dopo l’albero è già accessibile. Anche con l’uso di neonicotinoidi, piretroidi e fosforganici non si sono raggiunti grandi risultati: non puoi insistere perché ammazzi anche gli insetti utili, come gli impollinatori”.
Il Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura) di Firenze l’anno scorso ha annunciato la scoperta di un “predatore”, l’Ooencyrtus telenomicida, un imenottero di meno di un millimetro in grado di “parassitare” le uova di cimice impedendone la proliferazione. “Sono stati provati anche nella mia azienda – dice Francesco Vincenzi – ma almeno per ora i risultati non sono decisivi”. “L’H.halis – racconta Maistrello – ha la sua forza principale nel fatto di essere un’aliena, che qui da noi non ha antagonisti specifici. Per fortuna, soffre il clima: nel 2016 il fresco e la pioggia hanno ridotto le uova, nel 2017 il troppo caldo ha ucciso parte dei giovani e delle uova. Ma le cimici rimaste hanno risolto il problema andando sulle piante da frutto in buona salute, quelle ben irrigate”. E il timore è che col freddo dei prossimi giorni possano cercare rifugio nelle case, per trascorrervi l’inverno in una sorta di letargo.
Secondo il Crea nel 2016 in Italia è stato perso oltre il 40% di pere e kiwi, con danni pesanti anche a mele, pesche, uva, pomodoro, noci, nocciole, mais, soia. “Sono circa 300 – dice Lorenzo Bazzana, responsabile economico della Coldiretti – le colture che possono essere colpite. Questo insetto ha un apparato boccale pungente e succhiante e con la saliva provoca necrosi e deformazione nei frutti. In ogni fase di vita, dalle uova alla maturità, riesce comunque a fare danni. L’invasione è stata ed è veloce e altrettanto pronta deve essere la reazione, con fondi per la ricerca e per strumenti di difesa passiva”.
Fra questi, le reti di protezione anti-insetto. L’Emilia Romagna nei giorni scorsi ha stanziato 10 milioni, la Lombardia ne ha destinati 2,5. “Potranno essere messe – spiega l’entomologo Massimo Bariselli, del Servizio fitosanitario dell’Emilia Romagna – soprattutto nei frutteti che hanno già le reti anti-grandine, come bande laterali. Le prime sono già in funzione, molte altre saranno montate a inizio 2018. Facciamo di tutto, per salvare i frutteti. Pensiamo anche a colture-trappola, come il favino, la soia, il pisello, che piacciono alle cimici e dovrebbero distrarle da colture più costose. L’importante è fare rete, fra Regioni ed enti di ricerca (università, Crea, Cnr), con i tecnici sul territorio e gli agricoltori. Speriamo di farcela”.
In questi giorni Bariselli sta visitando i canali del ferrarese. C’è un allarme dell’Europa, che vuol sapere se anche nei nostri fiumi e canali sia arrivata la Pomacea insularum, una lumaca d’acqua grande come una mela. Originaria del Sud America è stata importata da Taiwan per fini alimentari ed è diventata un infestante nel Sudest asiatico. Ha invaso le risaie, distruggendole. In Spagna è arrivata nel 2009. C’è solo da sperare che questa lumacona – “una delle peggiori cento specie aliene, invasive, del mondo” – non riesca a trovare un passaggio, in nave o in camion, per l’Italia.
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