La svolta verso i combustibili fossili annunciata da Trump inizia dall’Eni. Il ramo americano della compagnia italiana può far partire i lavori di esplorazione petrolifera nell’Oceano Artico. Dopo il via libera del Bureau of Ocean Energy Management ottenuto nel luglio scorso, ora è arrivato il placet di un altro ente, il Bureau of Safety and Environmental Enforcement che di fatto attiva la procedura operativa.
Eni è la prima società autorizzata a cercare l’oro nero nelle acque dell’Alaska dal 2015. Le esplorazioni avverranno nelle acque federali del mare di Beaufort, a partire dall’isola artificiale di Spy, nei pressi della baia di Prudhoe. Eni dispone già di 18 pozzi di produzione sull’isola e di locazioni on-shore nelle vicinanze che estraggono petrolio dalli territori statali. Per le attività in mare utilizzerà tecniche di perforazione a portata estesa per raggiungere terre sommerse. Un’attività che ha causato la reazione di gruppi ambientalisti si oppongono alla perforazione supplementare nell’oceano Artico. Kristen Monsell del Centro per la diversità biologica, in una dichiarazione afferma che in caso di fuoriuscita di greggio si potrebbero minacciare le comunità costiere e la fauna artica.
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