Quando Roberto Buizza ha visto girare sui social una lettera che sosteneva l’inesistenza di un collegamento tra emissioni di gas serra e riscaldamento globale, ha detto basta. Il fisico, che ha trascorso gli ultimi 27 anni al Centro europeo per le previsioni meteorologiche ed è da poco rientrato in Italia come docente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, ha deciso di pubblicare una contro-lettera aperta per chiedere “stop alle bufale”.
L’appello: “Zero emissioni entro il 2050”
Un appello che in poche ore ha raccolto oltre 200 adesioni nel mondo della scienza ed è indirizzato alle più alte cariche dello Stato, cui si chiedono politiche dirette ad agire sui processi produttivi e sui trasporti con l’obiettivo di raggiungere il traguardo di “zero emissioni nette di gas serra entro il 2050”. Buizza dice non essere un catastrofista, ma – come scrive nella lettera e conferma al telefono – “è innegabile che il sistema Terra sia oggi sottoposto a variazioni climatiche molto marcate che stanno avvenendo su scale di tempo estremamente brevi”. Non un’opinione, ma un fatto stabilito grazie a dati provenienti da “una pluralità di fonti”.
Lo zampino dell’uomo
Sempre i dati ci dicono che la responsabilità di questo cambiamento repentino va individuata nelle attività umane. “Le osservazioni indicano chiaramente che le concentrazioni di gas serra in atmosfera, quali l’anidride carbonica e il metano, sono in continua crescita”, si legge nel testo dell’appello. E le misure dell’aumento dei gas serra, nonché delle variazioni del clima terrestre, confermano che “le attività antropiche sono la causa principale dei cambiamenti climatici su scala globale cui stiamo assistendo”.
A chi obietta che le variazioni di temperatura sono cicliche, lo scienziato risponde in modo netto: “Non può essere adottato come argomento per negare o sminuire l’esistenza di un riscaldamento globale dovuto alle emissioni di gas serra. La variabilità naturale si sovrappone a quella di origine antropica, e la comunità scientifica possiede gli strumenti per analizzare entrambe le componenti e studiare le loro interazioni”.
Mediterraneo, il riscaldamento è più marcato
In Italia non siamo ai livelli di negazionismo dell’America di Donald Trump, dove stando a quanto riporta Scientific American, i comunicati stampa che riportano ricerche sul riscaldamento globale condotte da agenzie scientifiche governative vengono accuratamente epurati. Ma, secondo Buizza, “manca una cultura riguardo al tema che, invece, è molto presente in altri Stati del Vecchio Continente come la Gran Bretagna”. Eppure, il nostro paese è uno dei più interessati dai cambiamenti in atto perché “nelle regioni mediterranee il riscaldamento è più marcato”.
“L’innalzamento delle temperature medie — prosegue Buizza — può causare periodi di siccità e fenomeni estremi più frequenti. Un clima più caldo è all’origine di una maggiore umidità nell’atmosfera, quindi più vapore acqueo che, nel momento in cui si innescano dei fenomeni temporaleschi, può causare precipitazioni più intense”. Proprio come quelle che si sono verificate nei giorni scorsi a Pescara, dove delle violenti grandinate hanno sfondato i vetri delle auto e mandato 18 persone in ospedale. “In secondo luogo”, conclude lo studioso, “c’è più energia nel sistema. Non a caso si parla sempre più spesso di Medicane, cioè di cicloni tropicali mediterranei”.
L’aumento delle temperature e le migrazioni
Un altro aspetto da tenere in considerazione sono le conseguenze che l’innalzamento delle temperature ha sui flussi migratori. Uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Research Communications mostra che nel recente passato sono state proprio le variazioni climatiche ad aver giocato un ruolo primario nelle migrazioni provenienti dalla fascia del Sahel, nell’Africa sub-sahariana, e dirette nel nostro paese. Persone che non fuggono solo dai conflitti tribali, dalla crisi economica e dalle persecuzioni politiche. Ma anche da “una casa in fiamme”, come direbbe Greta Thunberg, la giovane paladina svedese che lotta contro il riscaldamento globale. Da una terra arida che non produce più cibo a sufficienza per sfamarli, da temperature sempre più alte e frequenti ondate di calore a cui umani e animali non riescono a far fronte. Destinazione Italia, il ponte del Mediterraneo.
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