Iceberg di plastica si muovono nell’Oceano Pacifico

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Pacifico, l’isola di plastica è come un iceberg. Sotto la Great Pacific Garbage Patch, l’isola di spazzatura più grande al mondo, microplastiche fino a 2 km di profondità. I detriti sono stati rilevati nelle correnti oceaniche e sono ormai parte integrante dell’ecosistema marino.

Un mostro si aggira per gli oceani. È la Great Pacific Garbage Patch, l’Isola di plastica. Un enorme accumulo di spazzatura in mezzo all’Oceano Pacifico. Ottanta mila tonnellate di bottiglie, imballaggi ed altri frammenti di umanità usa e getta, che a mezzogiorno scintillano nel blu scuro naturale dell’acqua come un cielo stellato. “Great”, grande. Ma di grande in realtà, ha solo la dimensione. Si tratta di una delle poche entità terrene conosciute, che è talmente ampia che la sua reale estensione non è ancora nota.Le stime più accreditate spaziano (appunto), dai 700.000 agli 1.6 milioni di km2. L’intera Penisola Iberica oppure due volte il Texas. Un vero e proprio continente, più che un’isola. La sconfinata distesa di immondizia arriverebbe a coprire addirittura il 5.6% dell’Oceano Pacifico.Oceani, il nostro futuro. Lo sviluppo sostenibile per salvarliLa domanda è unica ed insondabile: cosa c’è sotto? Si, perché degli 8 milioni di tonnellate di plastica che l’uomo getta ogni anno in mare, solo l’1% è visibile, tangibile, misurabile a galla. Accumulato in enormi isole dai vortici oceanici, oppure ributtato sulle coste dalle onde senza posa. Il resto? La scienza (fino ad oggi), non aveva una risposta certa. È il cosiddetto missing plastic problem, il problema della plastica mancante. Secondo un lavoro pubblicato su Scientific Reports da Matthias Egger, biochimico marino all’Università di Utrecht, una gran quantità di spazzatura sta affondando sotto le grandi isole in mezzo al Pacifico. E non è affatto una buona notizia.

Oceani, perché il pericolo viene dalle microplastiche“Tutto ciò che sapevamo dei detriti plastici negli oceani è legato ai rifiuti superficiali”, spiega Egger, che è anche coordinatore scientifico della non profit olandese The Ocean Cleanup, organizzazione coinvolta nello studio. “Le nostre analisi danno forza alla tesi secondo cui la plastica ‘mancante’ sia già da tempo in circolazione nelle correnti oceaniche anche a grandi profondità”. In altre parole, ciò che vediamo in superficie nelle isole di spazzatura come quella nel Pacifico, non è che una minima parte della plastica totale. La punta dell’iceberg. Al di sotto, secondo le analisi, si muove un autentico mostro di massa decine, forse centinaia di volte superiore.

“Sotto l’isola, tonnellate di microplastiche ormai penetrate nell’ecosistema”

Il team di ricercatori guidato da Egger ha attraversato l’enorme piscina oceanica (35-42° latitudine Nord, 135-155° longitudine Ovest), in cui galleggia la Great Pacific Garbage Patch. Speciali reti cattura spazzatura sono state calate ad una profondità di circa 2000 metri per mesi. I risultati sono sbalorditivi. 12.000 i pezzi di plastica di grandi dimensioni “pescati” sulla nave ed analizzati dal gruppo scientifico. Non solo, ad ogni profondità sondata dai primi 5 metri superficiali fino a 2 km verso il fondo, sono state rilevate microplastiche con diametri minori di 0.5 mm. Secondo gli scienziati, il loro peso totale è quasi equivalente a quello stimato per l’isola superficiale.Microplastiche legate a danni respiratori nei pesci “Le particelle, costituite principalmente da polietilene e polipropilene – si legge nello studio – hanno mostrato un avanzato mescolamento con i sedimenti naturali”. In pratica, frammenti di materia plastica di varia pezzatura vengono colonizzati da alghe ed altri microorganismi in un processo noto come biofouling. Uno degli esempi più chiari di alterazione umana degli ecosistemi del Pianeta.

Un piccolo tuffo, in uno sconfinato mare

Questa scoperta costituisce un primo grande passo avanti per studiare i meccanismi con cui i 150 milioni di plastica dispersi in mari ed oceani, solcano oggi le loro acque. Tuttavia, come avvertono gli stessi autori della pubblicazione, questa non è che una minima parte del lavoro. Basti pensare che la profondità media degli oceani è di 3688 metri, con punte che sfiorano gli 11 mila come la Fossa delle Marianne. Lì sotto potrebbero trovarsi altre decine di milioni di tonnellate di microplastiche, con dimensioni dall’ordine di grandezza del nanometro. Analisi di questo tipo saranno fondamentali per farci comprendere per quanto tempo ancora queste piccole icone dell’Antropocene si libreranno in acqua, contaminando la fauna marina.Le dimensioni di un animale ci dicono quale e quanta plastica deve temere “Abbiamo bisogno di molti più dati del genere per mappare questi hotspot ad alta densità di plastica – avverte Egger – e per cercare di rimuoverli il prima possibile”. Prima che l’ecosistema marino venga alterato una volta per tutte. “È ancora possibile minimizzare l’impatto della plastica sugli oceani, ma bisogna cominciare ora”, conclude l’autore dello studio.

Entro il 2050 secondo il World Economic Forum, la plastica circolante negli oceani peserà di più dei pesci che dentro vi abitano. Com’è profondo il mare, cantava Lucio Dalla. Quel che è certo è che la plastica lo sta lentamente soffocando, non solo in superficie.

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