I papà animali sono i più bravi e premurosi
Festa del Papà: i padri più premurosi del mondo animale. Il 19 marzo – giorno in cui ricorre la festa liturgica di San Giuseppe, il padre di Gesù – è tradizionalmente la festa del papà. Per celebrarla a modo nostro vi proponiamo una carrellata dei padri più premurosi del mondo animale: digiunano per settimane, affrontano temibili predatori, costruiscono nidi-fortezza. E tutto per i loro adorati figlioletti.
L’educazione dei cuccioli? È un lavoro da maschi. Almeno così pensano le femmine del casuario australiano (Casuarius casuarius), il secondo uccello più grande al mondo dopo lo struzzo. Le” signore” sono troppo indaffarate a cercare nuovi partner con i quali accoppiarsi – in genere due o tre esemplari a stagione – per badare alla prole. Tanto a covare le uova ci pensa il futuro papà che, dopo una sessantina di giorni di paziente attesa, assiste alla schiusa e incontra finalmente i suoi pulcini. I piccoli rimangono accanto al padre, che li sfama e li protegge dai predatori, fino al raggiungimento della completa indipendenza, conquistata nove mesi dopo la nascita. Soltanto allora il genitore li abbandona al loro destino.
Non c’è pesciolina in età da marito che non sogni di accasarsi con lui. Il jawfish (in inglese “pesce mascella”), come tutti i maschi della sua famiglia – quella degli Opistognathidae – è un perfetto “uomo di casa”. Tanto per cominciare, si prende cura dei nascituri, covando le uova nella sua grande bocca (vedi foto) fino al momento della schiusa. Il mascellone paterno rimane un rifugio sicuro per i piccoli anche dopo la nascita, in caso di attacco dei predatori. Tra una covata e l’altra, poi, questo padre modello si occupa dei lavori di casa. Con le sue fauci robuste scava dei cunicoli sui fondali di Atlantico e Pacifico, dove vive, e al primo sentore di pericolo vi si rifugia con tutta la sua famiglia.
Il tamarino imperatore (Saguinus imperator) è un primate che vive nelle foreste tropicali di Bolivia, Perù e Brasile (America meridionale), dove si distingue per essere un ottimo saltatore, muovendosi velocemente tra i rami degli alberi. Queste scimmiette si caratterizzano per i lunghi baffi bianchi che arrivano al petto o si appoggiano sulle spalle quando si stendono a terra. Curioso il comportamento dei genitori impegnati nella cura della prole, in cui è molto coinvolto anche il maschio. È lui che si occupa di accudire il piccolo subito dopo il parto per lavarlo. La madre si occupa del nuovo nato, nutrendolo ogni 2-3 ore per circa una mezz’ora, dopo la quale è riaffidato alle amorevoli cure del papà.
Nel giorno in cui si festeggiano tutti i papà, si può conferire la palma del papà più solerte del mondo animale al cavalluccio marino (nella foto, un Hippocampus histrix). Nella modalità di riproduzione di questo animale, il padre svolge infatti un ruolo fondamentale. È lui, dopo la fecondazione, ad occuparsi delle uova, che raccoglie in una borsa incubatrice sul ventre, alla base della coda. Le uova rimangono lì per due mesi durante i quali sono nutrite attraverso le pareti interne della borsa stessa.
Letteralmente lì – ai piedi del suo compagno – la femmina di pinguino imperatore (Aptenodytes forsteri) lascia il suo unico uovo appena deposto. Il maschio rimane per circa 65 giorni stoicamente in balia dei venti e senza toccare cibo tenendo l’uovo al caldo in una sorta di “tasca incubatrice” e impedendone così il contatto con la superficie ghiacciata della banchisa dell’Antartide. I maschi con le rispettive uova si riuniscono in gruppi affollati per ripararsi al meglio dai venti polari. Quando l’uovo si dischiude, è la madre che torna ad occuparsi del pulcino: e mentre il maschio si eclissa alla ricerca dell’agognato cibo, la femmina tiene a sua volta al caldo il piccolo nella sua tasca.
Nascosto dietro a un fiore di iris, questo maschio di damigella azzurra (Coenagrion puella) – un insetto simile alla libellula – non perde di vista un attimo la sua compagna. Vuole essere sicuro che, dopo l’accoppiamento, la sua dolce metà non lo tradisca con un altro. È l’unico modo per garantirsi la paternità dei nascituri. Il pene dei maschi di damigella infatti grazie alla sua forma particolare è in grado di rimuovere il seme dell’ “amante” precedente dall’organo sessuale femminile, per depositare poi nuovo sperma. In questa “guerra” tra liquidi seminali rivali, solo l’ultimo partner sessuale di ogni femmina si assicura una discendenza.
Questo struzzo (Struthio camelus) festeggia portando a spasso i suoi pulcini per la savana africana. Finalmente un po’ di relax dopo settimane di tensione. Già perché il periodo della cova è un vero stress per il povero pennuto, che per non lasciare il nido in balia dei predatori, di notte veglia sulle uova, nascondendole sotto le lunghe piume nere. E tutto mentre mamma struzzo ronfa! Le femmine infatti covano di giorno, quando il loro piumaggio grigiastro – più chiaro di quello dei partner – si mimetizza perfettamente nella sabbia
Se il maschio di cigno reale (Cygnus olor) ha la fama di compagno fedele (con le dovute eccezioni…), non si dimentichi il ruolo attivo che esercita nella cura della prole. Collabora attivamente nella costruzione del nido. Segue l’incubazione delle uova, covandole in alternanza con la femmina o rimanendo a guardia del nido. All’inizio della schiusa poi accompagna in acqua i primi nati, mentre la femmina continua a covare le uova non ancora pronte. I pulcini non si staccano dai genitori e il loro mezzo di trasporto preferito è proprio il loro dorso. Con la nuova stagione degli amori però mamma e papà allontanano i piccoli dal nido e si preoccupano di altre faccende…
Questo cucciolo di leone (Panthera leo) rosicchia con gusto il suo pranzo. Potrebbero essere i resti di una zebra, di un’antilope, di uno gnu ma anche di una lepre o di un elefante. La dieta di questi carnivori, che insieme ai leopardi e ai ghepardi sono i più grandi predatori africani, è infatti molto variegata. Ma chi avrà portato la pappa al piccolo? Mamma o papà? La prima, perché, nonostante la fama di “re della savana” che ha il leone, è spesso la leonessa a cacciare, in gruppo, e a nutrire il branco.
Quando si tratta di costruire il nido, per lo scricciolo dei cactus (Campylorhynchus brunneicapillus) la questione si fa… spinosa. Per difendersi meglio dai predatori, l’astuto pennuto si è abituato a nidificare non proprio sul “morbido”, ma sui cactus e gli arbusti spinosi delle regioni aride degli Stati Uniti sud-occidentali, dove vive. Forse ci rimetterà un po’ in confort, ma senza dubbio ci guadagna in sicurezza! E come se non bastasse, per depistare i nemici più tenaci, – come alcune specie di serpenti – durante il periodo della cova il maschio costruisce alcuni nidi secondari, che gli scriccioli utilizzeranno per le nidiate successive o come semplici luoghi di riposo.
Questa piccola rana velenosa (Dendrobates umilio), che può assumere i colori più vivaci e che vive nelle foreste del Costa Rica, ha stupito da sempre i ricercatori per il grado evoluto delle loro cure parentali. Padre e madre insieme si occupano delle uova facendo in modo che rimangano sempre umide. È poi la madre a prendersi cura dei girini, caricandoseli in groppa e portandoli nelle piccole piscine d’acqua formate dalle bromeliacee, piante a forma di coppa. I figli sono sistemati in calici diversi per evitare che si mangino l’uno con l’altro e ognuno di loro è fornito di un uovo non fecondato che si serve come nutrimento visto che è fonte preziosa di proteine e zuccheri.
A occuparsi di questi pulcini di rondine comune (Hirundo rustica) saranno sia il padre che la madre di una coppia essenzialmente monogama. La femmina deposita dalle 3 alle 7 uova che vengono covate sempre in coppia: dopo 13-15 giorni i piccoli rompono il guscio, pronti a spalancare le bocche affamate. I genitori arrivano a fare quotidianamente anche 400 voli per una ventina di giorni. L’aiuto reciproco in famiglia è molto sentito, tanto che spesso anche i rondinotti collaborano con i genitori per il nutrimento di una nidiata sucessiva.
Sfamare la popolazione mondiale con gli insetti il futuro papà, rimasto nel frattempo sessualmente attivo, se ne vada per la sua strada. Se i piccoli di Dendrobate pigmeo (Oophaga pumilio) - una ranocchia velenosa di un paio di centimetri diffusa nelle foreste del Centro America - arrivano all’età adulta è principalmente grazie alla mamma, che per 6-8 settimane li nutre con le uova rimaste non fertilizzate. Nonostante tutte queste attenzioni, solo il 5-12% della nidiata arriva allo stadio di girino." width="594" height="381" /> Rispetto ad altre madri del mondo animale è fortunata: subito dopo la deposizione delle uova il suo compagno rimane a guardia del nido, proteggendo i nascituri dai predatori. L’idillio però dura solo una decina di giorni. Dopodiché è facile che il futuro papà, rimasto nel frattempo sessualmente attivo, se ne vada per la sua strada. Se i piccoli di Dendrobate pigmeo (Oophaga pumilio) – una ranocchia velenosa di un paio di centimetri diffusa nelle foreste del Centro America – arrivano all’età adulta è principalmente grazie alla mamma, che per 6-8 settimane li nutre con le uova rimaste non fertilizzate. Nonostante tutte queste attenzioni, solo il 5-12% della nidiata arriva allo stadio di girino.
Quando s’innamorano, è per sempre. I pappagalli inseparabili (gen. Agapornis) sono dei gran romanticoni. I maschi una volta scelta una partner non la mollano più riempiendola di tenere beccatine e altre dolci effusioni. Le femmine dal canto loro sembrano gradire, per nulla intimidite da avances così focose. Ogni coppia, che sta insieme per tutta la vita, può arrivare ad avere anche 20 pulcini. Nella foto due “fidanzatini” paparazzati a Riyadh in Arabia Saudita.
I piccoli di babbuino (Papio sp.) rimangono appiccicati alle madri che li accudiscono, li nutrono, li spulciano e li incoraggiano durante gli scontri giocosi che hanno coi loro coetanei. Fino a un anno d’età non si allontano dalla madre neppure per dormire. Anche i maschi qualche volta li portano con sé, ma per scopi ben poco “nobili”. Quando si sentono minacciati da qualche altro adulto, infatti, usano i cuccioli come scudo. Se un piccolo viene toccato, bisogna vedersela con la mamma e tutta la sua famiglia. così l’aggressore ci pensa bene prima di sferrare un attacco che possa coinvolgere un piccolo (e tutta la sua tribù).
Oggi si festeggia la festa dei papà. Da loro, oltre ad ereditare tratti somatici e caratteriali, insomma il patrimonio genetico, riceviamo anche il cognome. Si tratta di una consuetudine antica stabilita dal diritto romano. Alla fine del ‘600 poi il cognome fu sostituito da soprannomi, aggettivi che denotavano il mestiere o la regione di provenienza oppure dizioni come “di Giuseppe”. Oggi il Codice Civile stabilisce che il cognome derivi dal padre, ma sono stati presentati dei disegni di legge per dare la stessa possibilità anche alle donne. Per la madre, l’unica strada per ora è farne specifica richiesta al prefetto che la inoltra al Ministro dell’Interno. Una donna non sposata invece dà il proprio cognome nel caso in cui riconosca il figlio prima del padre.
Tra le scimmie spesso le cure dei piccoli spettano alle madri, come nel caso degli Orangutan (nella foto), tranne alcune eccezioni come il tamarino e lo scimpanzè.
Lascia un commento