Fare prevenzione ambientale per la fertilità maschile

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L’inquinamento mette a rischio la fertilità maschile.  L’allarme dal congresso nazionale della Società Italiana di Andrologia.

L’ALLARME  inquinamento questa volta arriva dagli andrologi. E in particolare da uno studio italiano sul liquido seminale di uomini che vivono in aree gravemente inquinate, come Taranto o la Terra dei Fuochi, l’area a cavallo tra le province di Napoli e quella di Caserta, uno dei temi che saranno affrontati nel corso del congresso nazionale della Società Italiana di Andrologia, che si è appena concluso a Roma.

Sapevamo già che l’inquinamento è una delle cause del vertiginoso aumento di infertilità maschile – si parla di una riduzione intorno al 50% nell’ultimo mezzo secolo – perché agisce sulla vitalità degli spermatozoi e sulla loro mobilità.

Ora si è visto che alcuni inquinanti modificano anche la struttura del DNA. “Il problema insomma non riguarda solo i soggetti esposti, che rischiano di essere più vulnerabili a diverse patologie, ma le nuove generazioni”, spiega il responsabile dello studio Luigi Montano, UroAndrologo dell’ASL di Salerno e Presidente della Società Italiana di Riproduzione Umana (www.siru.it).

I ricercatori italiani guidati da Montano hanno misurato i livelli di inquinamento atmosferico – benzene e particolato PM10 e PM2.5 – nelle diverse aree studiate e l’hanno messo a confronto con i livelli di frammentazione del DNA spermatico in oltre 300 soggetti.  Livelli che nelle aree a rischio dal punto di vista ambientale come Taranto e la Terra dei fuochi sono risultati significativamente maggiori – circa il 30% – rispetto a quelli delle aree di controllo di Palermo e Salerno.

E’ stato proprio Luigi Montano, qualche anno fa, ad avere l’idea di studiare gli spermatozoi , particolarmente sensibili all’inquinamento, come marker di esposizione ambientale, trasformando gli studi sulle cause dell’infertilità in un efficace strumento di monitoraggio, sorveglianza e prevenzione in aree a rischio: è nato così il progetto EcofoodFertility ( www.ecofoodfertility.it) che è partito da Acerra e oggi coinvolge diverse istituzioni ed università italiane e europee.

“il seme maschile ci permette di monitorare gli effetti dell’inquinamento sulla fertilità, ma anche sulla salute in generale, per esempio l’aumento dello stress ossidativo e dell’infiammazione”, spiega Montano che al Congresso di Andrologia terrà una relazione dedicata proprio al “Seme sentinella della salute ambientale e generale”.

Il nuovo studio sugli effetti degli inquinanti sul Dna – pubblicato sulla rivista Environmental Toxicology and Pharmacology ( www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29448163 – apre una nuova pagina in un filone di ricerca che ha già dato risultati importanti non solo in Italia: “un recente studio cinese conferma gli effetti dell’inquinamento sulla morfologia degli spermatozoi, mentre un gruppo di ricercatori canadesi ha dimostrato gli effetti dell’inquinamento sul DNA  – spiega Montano – ma il nostro studio apre uno scenario ancora più preoccupante, mostrando come polveri sottili e altri inquinanti possano modificare l’espressione di molti geni aprendo la strada a varie patologie”.

L’obiettivo di Ecofoodfertility è anche fare prevenzione, “ dallo stile di vita – spiega Montano – perché chi vive in zone a rischio deve prendere precauzioni, per esempio con un’alimentazione adeguata, ricca di vegetali antiossidanti”. E’ proprio questo il tema di un progetto pilota sostenuto dal ministero della Salute per la salvaguardia della qualità del seme negli adolescenti, attraverso interventi nutrizionali e sullo stile di vita, in tre aree ad alto impatto ambientale nel frusinate, nel bresciano e nella Terra dei Fuochi.

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